"Prevenzione, salute e protezione sociale come strategie nelle politiche sulla droga" - di Gilberto Gerra e Pietro Pellegrini - giugno 2022

In occasione della Giornata Internazionale Contro il Consumo e il Traffico Illecito di Droga (26 giugno 2022)

26/06/2022 - Anche quest’anno, il 26 giugno, ricorre la Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga. L’azione si inserisce pienamente nel programma dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite attraverso l’obiettivo 3 che stabilisce, tra i vari punti riguardanti la salute e il benessere degli individui, il bisogno di “rafforzare la prevenzione e il trattamento di abuso di sostanze, tra cui l’abuso di stupefacenti e il consumo nocivo di alcol”.

A questo proposito, il documento conclusivo dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Sessione Speciale sulla Droga, UNGASS 2016, e la Dichiarazione Ministeriale della Commissione sui Narcotici 2019, approvati unanimemente dagli Stati Membri, hannoindicato un cambiamento significativo nell’orientamento delle politiche sulla droga a livello globale.

La dipendenza da sostanze viene riconosciuta come un disordine della salute complesso e multifattoriale, di natura cronica e recidivante, con cause e conseguenze sociali, che può essere prevenuto e curato sulla base di evidenze scientifiche.

Quindi non più un fallimento morale, non una attitudine criminale, un comportamento problematico auto-acquisito, non solo un fatto ricreazionale o il segno di un atteggiamento irresponsabile.

Questa interpretazione distorta aveva sostenuto per decenni l’approccio punitivo di diversi Stati Membri che hanno investito gran parte delle risorse in politiche repressive. Atteggiamenti di stigma e discriminazione si sono consolidati nel tempo contro le persone affette da disturbi da uso di sostanze, penalizzandole, marginalizzandole ed escludendole dagli interventi sociali e sanitari in un considerevole numero di Paesi sino ad oggi.

Il Ministero dell’Interno, il Ministero della Giustizia e le forze di polizia sono ancora responsabili,in diverse parti del mondo, non soltanto del contrasto al narcotraffico, ma delle attività di prevenzione e del trattamento dei disturbi da uso di sostanze.

Stigma e discriminazione affliggono anche le istituzioni sanitarie e sociali, con una invisibile barriera che limita l‘accesso ai Servizi e con la tendenza a diminuire la considerazione per la dignità delle persone e il loro diritto di cittadinanza.

Un atteggiamento svalutativo di politici e policy makers colpisce sia i consumatori di sostanze che i professionisti socio-sanitariche se ne occupano.

Tra le violazioni dei diritti delle persone dipendenti, una opportunità essenziale è stata negata, con conseguenze ovvie sui pregiudizi e le interpretazioni del fenomeno. Ciò che è mancato per decenni è stato il diritto ad una storia clinica dettagliata.

Questa scarsa consapevolezza inerente i percorsi clinici ha permesso di ignorare in modo sistematico lunghe sequenze di svantaggi che costituiscono le basi per condizioni di vulnerabilità pre-esistenti all’uso di sostanze e predisponenti alla dipendenza.

La società ha coniato il termine “ricreazionale” per definire l’uso non problematico tra i giovani, come forma di negazione collettiva rispetto a condizioni di sofferenza psichica non espressa, malessere indefinito, frustrazione e varie forme di ineguaglianza.

La complessità dei fattori di rischio e di protezione è stata investigata in modo parziale, solo da ultimo individuando l’insieme multifattoriale, definito bio-psico-sociale, che è sotteso ai disturbi da uso di sostanze. Questo ha impoverito il razionale essenziale a porre in essere basi scientifiche per prevenzione e trattamento.

Una prima componente da considerare nella predisposizione all’iniziazione all’uso di sostanze psicoattive per scopi non medici e nella vulnerabilità per lo sviluppo della dipendenza è quella relativa a fattoridella ereditarietà. Oggi sappiamo che insiemi di geni possono agire sul temperamento influendo in modo indiretto sul rischio di sviluppare comportamenti tossicomanici o forme individuali di resilienza. Temperamenti sensationseeking (sempre alla ricerca di sensazioni forti), impulsivi, disinibiti, meno sensibili alle gratificazioni ordinarie, così come i temperamenti ansiosi ed evitantifacilitano la esposizione alle sostanze e l’instaurarsi di comportamenti addittivi.

A loro volta i temperamenti problematici associati ai geni possono indebolire o compromettere le relazioni genitorebambino nella prima infanzia con conseguenze serie nell’organizzazione dell’attaccamento e sullo sviluppo della personalità.

Certamente, oggi appare chiaro quanto i fattori ambientali, particolarmente quelli relazionali ed educativi nella prima infanzia, siano più efficaci dei geni stessi nel determinare i comportamenti problematici e addittivi. I portatori di varianti geniche a rischio non sviluppano in molti casi il disturbo addittivose si trovano a fruire di uno stile genitoriale intenso, coinvolto e di supporto. In altre parole i geni possono costituire un rischio solo in presenza di fattori ambientali problematici.

Le difficoltà dell’ambiente che concorrono a costituire la patogenesi di diversi disturbi mentali e in particolare della vulnerabilità per i disturbi da uso di sostanze appaiono attive molto precocemente.

Un temperamento calmo e aperto ereditato dai propri genitori può divenire irritabile e chiuso a causa di alterazioni epigenetiche indotte da un ambiente problematico o viceversa.

A questo proposito, l’ambiente di cura nella prima infanzia costituisce un elemento cruciale nel determinare i fattori di rischio per i disturbi da uso di sostanze. In questo stadio dello sviluppo, un ambiente di cura povero e problematico può cambiare la funzione e la morfologia di aree del cervello, con conseguenze sull’elaborazione delle emozioni e i meccanismi del controllo inibitorio.

Recenti studi hanno definito i disturbi da uso di sostanze quali “espressione clinica del disturbo di attaccamento genitore-bambino”: quando l’attaccamento, questo legame intenso capace di favorire uno sviluppo psichico corretto, sia insicuro e disorganizzato le problematiche comportamentali e psichiatriche emergenti possono essere molteplici.

Sempre crescenti evidenze indicano come il deficit dell’attaccamento genitore-bambino si possa tradurre in una incapacità a dilazionare la fruizione delle gratificazioni e a controllare gli impulsi, elementi così tipici delle persone con dipendenza.

Un insieme consolidato di letteratura scientifica sottolinea l’importanza delle esperienze avverse e traumatiche nell’infanzia connesse al rischio del disturbo da uso di sostanze. In particolare l’abuso emozionale, fisico e sessuale, la negligenza fisica ed emozionale costituiscono fattori di rischio ben conosciuti per le dipendenze. Ancora una volta le condizioni socio-economiche problematiche e le diseguaglianze siassociano con un maggior rischio di esperienze avverse nell’infanzia.

Una genitorialità appropriata, intensa, coinvolta, con un forte legame tra famiglia e bambino-adolescente, è stata dimostrata costituire un essenziale fattore di resilienza e protezione.

Lo stesso si dica per la percezione del legame con la scuola, laddove una forma intensa di connessione con la comunità educante e il senso di appartenenza appaiono proteggere dal rischio dei disturbi da uso di sostanze. I giovani che al termine della scuola secondaria (18 anni) sono ancora inseriti nella scuola si trovano in una condizione di vantaggio rispetto al rischio delle dipendenze. Inutile sottolineare di nuovo come l’abbandono scolastico colpisca maggiormente i giovani delle classi sociali più povere.

Se questo insieme multifattoriale fa comprendere la complessità della vulnerabilità bio-psico-sociale per le dipendenze, il quadro diviene ulteriormente difficile da interpretare considerando l’effetto delle sostanze in sè.

Il sistema motivazionale è sequestrato dalle sostanze psicoattive che stabiliscono un ciclo compulsivo condizionato, tale da diminuire laforza degli stimoli gratificanti naturali. Ed è a causa di alterazioni epigenetiche stabili che il disturbo da uso di sostanze diviene “cronico” e capace di riattivarsi in alcuni casi con la ricaduta a distanza di anni di astensione dall’uso di sostanze. In particolare, le sostanze modulano il sistema dopaminergico che governa la percezione delle gratificazioni, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) che risponde allo stress e alle emozioni nonché i sistemi degli oppioidi e dei cannabinoidi naturali implicati nelle funzioni esecutive.

Quel che si viene a instaurare è un ciclo compulsivo condizionato che comprende la fase della gratificazione (reward) con rilevanza attribuita solo agli effetti della sostanza (binge-intossicazione), la seconda fase con emozioni negative e disturbi astinenziali e la terza fase con una pressante preoccupazione tesa a reiterare al più presto l’assunzione della sostanza.

Appare veramente complesso e ancora inesplorato lo scenario che vede intersecarsi da un lato le condizioni di vulnerabilità con i relativi correlati neurobiologici, dall’altro i cambiamenti del sistema nervoso indotti dalle sostanze psicoattive utilizzate in modo continuativo.

E’ per questa condizione articolata e in gran parte ancora non ben conosciuta che non si riesce a comprendere come mai una certa percentuale di individui rimanga intrappolata nel ciclo compulsivo del disturbo da uso di sostanze e altri individui riescano a utilizzare in modo episodico le sostanze senza sviluppare la dipendenza.

E’ nel tessuto preesistente all’incontro con le sostanze che si instaurano la disponibilità all’uso episodico di droga e all’abuso di alcool per alcuni, il passaggio all’uso continuo e quotidiano per altri, il circuito compulsivo condizionato che costituisce il disturbo addittivo per altri ancora.

Da non dimenticare le complicanze indotte dai disturbi mentali a esordio precoce che facilitano l’uso di sostanze o crescono insieme all’uso di sostanze, spesso a partire da fattori di rischio condivisi. Tra essi occorre ricordare il disturbo della condotta, il deficit di attenzione con iperattività, il disturbo post-traumatico da stress, l’inizio del disturbo bipolare, l’ansia e la depressione.

Su tutto prevalgono, in termini di rischio per le dipendenze a livello globale, le ineguaglianze che affliggono i bambini e gli adolescenti più svantaggiati, i figli dei poveri, coloro che crescono in condizioni di deprivazione ed esclusione sociale, abbandono scolastico, sfruttamento e degrado.

Tra costoro, i bambini e le bambine di strada che usano le droghe in tutti i continenti, gli inalanti e l’alcool per adattarsi a terribili condizioni di rischio e alla fame, i bambini e le bambine maltrattati e abusati, i bambini e le bambine abbandonati da genitori, ecc, ecc

E, nei paesi sviluppati, tutti quei giovani indotti ad un consumismo esasperato che associa il consumo di beni al consumo di sostanze come antidoto alla frustrazione, alla mancanza di autonomia, allo scarso coinvolgimento nella comunità e nella società, ad un vuoto socio-politico innaturale per i giovani di tutte le generazioni, alla omologazione che annulla l’identità della persona.

Le conoscenze che abbiamo relative ai disturbi da uso di sostanze e la vulnerabilità per gli stessinon supportano in alcun modo atteggiamenti coercitivi o punitivi da parte delle istituzioni ma, piuttosto, ci invitano ad una mobilitazione collettiva nel segno della coesione sociale e della cura incondizionata per le persone fragili.

 

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modificato:lunedì 27 giugno 2022

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