Charlie Alpha, trentadue anni di impegno e innovazione tecnologica dedicati alle vittime
Aziende sanitarie e istituzioni ricordano gli operatori scomparsi sul monte Ventasso il 18 agosto 1990 durante una missione di soccorso nella frazione di Sologno sull’Appennino reggiano
18/08/2022 - I Trentadue anni trascorsi dalla tragedia del Ventasso raccolgono ancora una volta la città nel ricordo delle vittime: il pilota Claudio Marchini, il medico Anestesista Anna Maria Giorgio e degli infermieri Corrado Dondi e Angelo Maffei.
“L’eredità che rimane dalla tremenda circostanza del 18 agosto di 32 anni fa è una città che sa accogliere e proteggere, proponendo una spinta al cambiamento culturale e organizzativo che ha rivoluzionato il sistema salute nell’approccio al soccorso – sottolinea Massimo Fabi, direttore generale del Maggiore e commissario di Azienda Usl – grazie a tanti operatori che, oggi come allora, interpretano il loro ruolo con dedizione e spirito di servizio profondissimi”. “Lavoriamo per il costante miglioramento degli standard di qualità – aggiunge Adriano Furlan, direttore della Centrale operativa 118 – oltre che per la maggiore copertura possibile del territorio, con l’obiettivo di consegnare il paziente alle cure nel minore tempo possibile”.
Il sistema 118 si presenta infatti sempre più all’avanguardia per standard tecnologici, efficienza e organizzazione di eccellenza. Sono tantissimi i tasselli del sistema che compongono il quadro dell’eccellenza ma di certo il soccorso a terra con i suoi 22 mezzi avanzati professionalizzati (11 automediche e 11 con infermiere) e le 30 ambulanze resta il cuore dell’attività, in cui insiste la maggior parte dei professionisti che vi operano, per un sistema che va in aiuto a interventi che sono, per definizione, tutti unici.
Gli elementi di innovazione cominciano con le istruzioni pre-arrivo elaborate direttamente alla console della Centrale operativa: fondamentali perché consentono, per esempio, di salvare persone in arresto cardiaco. Grazie ai ragguagli che si possono assumere della scena tramite una semplice video chiamata, il paradigma da gestire nelle prime fasi di contatto con l’utente può essere disegnato con precisione. L’accompagnamento può continuare anche durante il trasporto- possibile anche quando c’è carenza di rete – che consente di tenere monitorato il soccorso e, se necessario, i parametri vitali del malato. Le istruzioni pre-arrivo costituiscono spesso il fulcro del soccorso, tanto più se a chiamare è una persona che non sente: Parma risponde e gestisce con una speciale applicazione – detta Flagmii– le richieste di soccorso alle persone sorde che genera un link per attivare la geolocalizzazione e la raccolta di immagini, oltre a una speciale chat che utilizza pittogrammi che rappresentano le condizioni della emergenza.
La formazione degli infermieri addetti alla gestione della chiamata dalla postazione del 118 è senza sosta: la tecnica di intervista è affinata grazie a una formazione continua che inserisce spesso competenze aggiuntive sui singoli prototipi di intervento. La postazione operativa è costantemente integrata con le informazioni cartografiche e la localizzazione Gps in tempo reale per la precisione dell’intervento.
La risposta si arricchisce grazie all’App DAE RespondER, sviluppata attraverso il progetto 118 DAE ER decollato nel 2017: l’obiettivo è contribuire a ridurre i tempi di intervento sui Codici blu, i casi di arresto cardio respiratorio (ACR) presunto. 250 i casi nella provincia di Parma nel solo 2021. Lo strumento informatico è integrato con tutte le Centrali Operative 118 regionali e allerta i cittadini che hanno aderito al progetto First responder guidandoli al defibrillatore automatico più vicino alla persona in arresto cardiaco. In questo modo, possono raggiungere il luogo dell’evento per praticare le manovre salvavita di rianimazione. A Parma e provincia contiamo oggi 839 defibrillatori automatici di cui 341 in città, con 1500 parmensi pronti a rispondere.
La rete del volontariato che moltiplica il già ampio ventaglio di presidi sul territorio è il valore aggiunto del sistema provinciale di Parma che disegna una mappa di 38 postazioni di soccorso a copertura dei 47 comuni provinciali, sempre al fianco dei professionisti del 118, con Associazioni di volontariato raccolte nella rete di ANPAs e Croce Rossa Italiana.
L’elisoccorso
Attivo a Parma da oltre 30 anni, il servizio di elisoccorso, integrato su base regionale, si avvale di quattro mezzi e tre eliporti di cui uno a Parma (che si affianca a Bologna e Ravenna). Il quarto, dotato di verricello e di stanza a Pavullo nel Frignano, è dedicato alle operazioni speciali di recupero e soccorso. L’elisoccorso di Parma-Centrale Emilia Ovest effettua servizio anche nelle zone di confine delle province di Mantova, Cremona, Lodi Lucca e Massa, facendo registrare un progressivo aumento degli interventi verso le zone di confine della bassa Lombardia, superando i limiti dei confini (sulla scorta di un Protocollo d’intesa sottoscritto con le Regioni di confine) in un’ottica di integrazione operativa delle reti degli elisoccorsi regionali.
Le aree di atterraggio a Parma e provincia idonee per le operazioni HEMS -Helicopter Emergency Medical Service- notturne sono 37 comprese quelle degli ospedali di Parma presso il Maggiore, Fidenza presso Vaio e Borgotaro (Azienda Usl). Il numero delle piazzole notturne e la capillarità della collocazione, programmata ed approvata dalla Regione Emilia-Romagna dalla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria di Parma, potenzia il servizio di emergenza-urgenza territoriale con garanzia di soccorso extra-ospedaliero sempre più veloce e qualificato, in grado di raggiungere zone decentrate e di difficile accesso come quelle montane. Dal 15 agosto 2018, infatti, il soccorso in elicottero utilizza una speciale tecnologia, chiamata NVG: Night Vision Goggles. Si tratta di particolari visori ad intensificatore di luce installate sui caschi dei piloti che permettono, di notte, modalità operative analoghe a quelle del pieno giorno.
L’equipaggio in aria consiste in un medico anestesista-rianimatore e due infermieri, uno dei quali addetto alla comunicazione con la centrale; un controllore del volo segue i continui spostamenti delle coordinate del mezzo da terra, anticipando tutte le informazioni necessarie per un viaggio sicuro e un efficace atterraggio, una ricerca rapida del malato, le prime cure e la ripresa del volo alla volta dell’ospedale più adatto per accoglierlo. Questa attività, svolta minuto per minuto, pratica un monitoraggio attento e un raccordo vitale con i dipartimenti a elevata specialità con funzione hub regionale e i reparti che trattano patologie come l’ictus, l’infarto e l’insufficienza respiratoria, patologie tempo dipendenti o “First Hour Quintet“ in cui l’elemento tempo risulta fondamentale. Le strutture dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma rappresentano lo scenario imprescindibile per l’efficacia dell’attività di soccorso dell’intero equipaggio: si preparano ad accogliere l’ammalato in modo tempestivo e opportuno per arrivare in tempi rapidi alla diagnosi e alla cura.
La attività del 118 non si esaurisce sui soccorsi locali ma si amplifica per gli eventi traumatici maggiori come sono tecnicamente definiti, per esempio, alcuni fatti di cronaca divenuti tristemente famosi, come l’incidente sull’A1 del 1992 con 100 feriti coinvolti, o quello del pendolino del gennaio 1997, che hanno rappresentato situazioni di complessa gestione organizzativa in un contesto di malati con patologia tempo-dipendente e tutti nella stessa situazione.
Anche la pandemia da Covid-19 ha costituito per l’organizzazione 118 un esercizio di continuo sforzo organizzativo: un esempio rappresentativo del carico continuo sono stati i picchi più importanti di chiamate del 24 febbraio (con 2.909 chiamate), del 9 marzo (2533 chiamate) e del 16 marzo 2020 (2408 chiamate) contro le 900 della media di un giorno pre-pandemia.
Si chiama invece “attività di emergenza su scala territoriale” quella che propone il 118 come un anello del sistema di protezione civile a carattere nazionale, regionale o sovranazionale a seconda delle circostanza: i terremoti di Abruzzo (2009), nel Modenese (2012), in Centro Italia (2016) hanno portato gli operatori del 118 Emilia ovest a raggiungere e soccorrere la popolazione colpita operando con la colonna mobile del sistema di Protezione civile dell’Emilia-Romagna. Gli stessi uomini e donne del 118 oggi sono allertati per l’emergenza rifugiati conseguente al conflitto in Ucraina di queste settimane. Ma le situazioni complesse nelle quali le persone hanno avuto bisogno di trasferimenti in luoghi sicuri sono arrivate anche su scala minore nella nostra città con la alluvione del ottobre 2014 In cui i 50 pazienti ospiti dell’Ospedale-Casa di cura Piccole figlie dovevano essere trasferiti contemporaneamente in ambienti sicuri.
modificato: | giovedì 25 agosto 2022 |
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