Per indagare le anomalie cromosomiche (cioè alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi) si possono eseguire sia test di screening che esami diagnostici invasivi.
TEST DI SCREENING
I test di screening sono esami non invasivi (quindi non mettono a rischio la gravidanza) che stimano il rischio personale e specifico di una donna di avere un feto affetto da alterazioni cromosomiche. Quindi non forniscono
un risultato certo ma UNA PROBABILITÀ, che non sempre corrisponde alla reale presenza di patologia. L’eventuale conferma o esclusione della malattia verrà effettuata attraverso esami più specifici come amniocentesi o villocentesi.
I test di screening indagano essenzialmente la sindrome di Down, la trisomia 18 e la trisomia 13.
I test di screening sono:
Che tipo di risultato viene consegnato?
Il risultato del test, che tiene conto del rischio di base legato all’età e all’anamnesi della madre, permette di ottenere un rischio specifico individuale. Questo rischio potrà essere classificato come “alto rischio”/”positivo” oppure “basso rischio”/”negativo”.
Cosa significa quindi screening positivo?
Significa che si ha un alto rischio di avere un feto affetto da patologia ma questo non significa che il feto lo sia sicuramente. La soglia del rischio attualmente utilizzata è di 1:250. Un valore numerico inferiore alla soglia (es. 1:125) indica un rischio elevato di presenza di alterazione cromosomica.
Dopo una corretta informazione, alle donne con test positivo viene proposta una indagine invasiva (villocentesi o mniocentesi) per lo studio della mappa cromosomica fetale, che consente una diagnosi definitiva.
Lo screening negativo dà certezza di esclusione di malattia?
Se lo screening dà risultato negativo, significa che si ha un basso rischio di avere un feto affetto da alterazione cromosomica: in particolar modo si considera negativo uno screening che evidenzi un rischio minore di 1:250.
Più il rischio è basso, più l’esame sarà rassicurante. Un valore numerico superiore alla soglia di rischio (es. 1:3500) indica un livello basso di rischio e pertanto dovrebbe trattarsi di una gravidanza non affetta dalla patologia ricercata.
ESAMI DIAGNOSTICI INVASIVI
Consistono nella determinazione del corredo cromosomico del feto (cariotipo fetale) per diagnosticare anomalie del numero e della struttura dei cromosomi (es. sindrome di Down o mongolismo).
Le tecniche a disposizione per la diagnosi prenatale invasiva sono:
Le indicazioni al prelievo dei villi coriali si sovrappongono in buona parte a quelle dell’amniocentesi.
In sostanza i principali vantaggi del prelievo dei villi coriali nei confronti dell’amniocentesi sono rappresentati dalla precocità dell’esame (rispettivamente dalla 11° alla 13° settimana e dalla 15° alla 18°) e dalla rapidità della risposta preliminare fornita direttamente all’assistita in pochi giorni.
Non sembrano esistere sostanziali svantaggi. Il rischio effettivo di aborto è sovrapponibile per entrambe le metodiche.
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